venerdì 26 dicembre 2014

IL LAVORO MINORILE

Fonte: "Lavoro infantile”, da wikipedia

Il mondo del lavoro presenta gravi problemi. Uno dei maggiori è, senza dubbio, lo sfruttamente minorile. Il lavoro minorile è un fenomeno che coinvolge i bambini di età compresa fra i 5 e i 15 anni in tutto il pianeta.

In Italia, basta guardarsi un po' intorno per vedere che molti bambini lavorano. Di solito svolgono il loro lavoro in aiuto ai genitori, per esempio nella gestione di bar, ristoranti, distributori di carburante, pizzerie; ma spesso lavorano anche fuori dall'ambito familiare. Un'indagine afferma che in Italia lavorano circa 490.000 minori.

Le aree mondiali principalmente interessate dal lavoro minorile sono, però, i paesi in via di sviluppo o non sviluppati, quali: Asia, Oceania, Europa dell'Est, (soprattutto i paesi dell'estremo est dell'Europa), Africa e America del Sud, ma soprattutto Colombia e Brasile. Nel mondo circa 200 milioni di minori lavorano, spesso a tempo pieno, e sono privati di un’educazione adeguata, una buona salute e del rispetto dei diritti umani fondamentali.
Di questi, circa 126 milioni ― ovvero 1 ogni 12 bambini al mondo ― sono esposti a forme di lavoro particolarmente rischiose, che mettono in pericolo il loro benessere fisico, mentale e morale. Inoltre circa otto milioni di minori sono sottoposti alle peggiori forme di lavoro minorile: la schiavitù, il lavoro forzato, lo sfruttamento nel commercio sessuale, nel traffico di stupefacenti e l’arruolamento come bambini soldato in milizie.
L'inizio di questa terribile disgrazia fu con l'avvento della rivoluzione industriale, quando il lavoro minorile venne sfruttato su larga scala nelle fabbriche, soprattutto tessili, dove i bambini lavoravano fino a 15 ore al giorno e venivano pagati così poco da non poter comprarsi il cibo.

Il paese più colpito è il Ghana, dove sono sono 750.000 i maschi tra i 5 ed i 14 anni di età che lavorano, mentre le femmine sono 660.000 per un totale di 1.410.000 minori che lavorano.
La responsabilità del lavoro minorile va attribuita in primo luogo alla povertà. Le famiglie dedite all’agricoltura, infatti, spesso non hanno abbastanza soldi per allevare tutta la prole, molti nuclei familiari sono composti, infatti, da 10 o più bambini, essendo diffusa la poligamia, così che alcuni bambini finiscono a lavorare nei campi o vengono venduti ai trafficanti, dato che in questa zona il commercio di bambini è ritenuta un’attività molto redditizia.

I lavori riservati ai bambini si possono dividere in due categorie: settore produttivo (agricoltura, industria, pesca) e settore urbano. In agricoltura i bambini vengono impiegati nei piccoli orti familiari, oppure dalle multinazionali nelle agricolture di piantagione come braccianti. Nell'industria invece i ragazzi, generalmente fra i 7 e i 15 anni, vengono impiegati per produrre oggetti tessili, per tappeti, per palloni o scarpe.
Un gravissimo aspetto di questo sfruttamento è la prostituzione minorile, una forma di schiavitù che si connota come abuso di minori a scopo sessuale, un fenomeno che sta assumendo i contorni di una vera e propria piaga a livello mondiale. Ormai in tutti i paesi dall'Estremo Oriente all’America Latina, all’Europa, la prostituzione infantile sta toccando livelli allarmanti, coinvolgendo centinaia di migliaia di bambini e adolescenti, costretti al commercio sessuale da organizzazioni clandestine che ne gestiscono i proventi. Le forme di prostituzione infantile sono generalmente due: lo sfruttamento all'interno delle case chiuse, in cui finiscono i bambini venduti direttamente dalle loro famiglie e la prostituzione che avviene in strada, dove bambini e adolescenti vendono prestazioni sessuali in cambio del minimo indispensabile per sopravvivere.
In Italia, la prostituzione minorile riguarda in primo luogo i minori stranieri condotti sul territorio nazionale dalla criminalità organizzata e bambini o adolescenti, appartenenti a famiglie in condizioni sociali, economiche e culturali fortemente disagiate, che utilizzano la prostituzione come strategia di sopravvivenza per sé e per il proprio nucleo familiare.

Bambini soldato: Il reclutamento e l’utilizzo di bambini soldato sono una delle più pesanti violazioni delle norme che regolano i diritti umani nel mondo. Più di 300.000 minorenni sono impiegati nelle forze armate di tutto il mondo. La maggior parte dei bambini soldato ha un’età compresa fra i 15 e i 18 anni ma ce ne sono anche di 10 e quest’età si sta pericolosamente abbassando sempre più. Il rapporto presentato tempo fa a Maputo (città dell’Africa) parla di 120 mila soldati con meno di 18 anni.
Questo tipo di sfruttamento avviene soprattutto in Africa e in Asia, ma è esistente anche in America ed Europa. Negli ultimi 10 anni questo problema ha interessato 25 paesi, dove è stata registrata la presenza di bambini soldato; alcuni sparano, altri ancora trasportano armi e mine. Si registrano anche molti casi di donne e ragazze (in Etiopia costituiscono il 25 e 30%) che entrano nelle forze armate di opposizione.


Il primo tentativo di arginare il problema dello sfruttamento del lavoro minorile si registra con la Convenzione sull'età minima stilata dalla Conferenza internazionale del Lavoro del 1919. Nel 1924 la Quinta Assemblea Generale della Società delle Nazioni adotta la Convenzione di Ginevra o Dichiarazione dei diritti del bambino. Il 20 novembre 1989, con l'approvazione da parte dell'ONU della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, vi è un tentativo di arginare il fenomeno dello sfruttamento del lavoro minorile.
Viene infatti stabilito che i bambini hanno il diritto "di essere tutelati da tutte le forme di sfruttamento e di abuso". Per fermare lo sfruttamento minorile sono state promosse iniziative come la promozione di marchi commerciali (Fair Trade) che garantiscano che un determinato prodotto non sia stato fabbricato utilizzando manodopera infantile.
Questi programmi, pur essendo mossi da buone intenzioni, non creano alternative ai bambini attualmente occupati, che si ritrovano così costretti a indirizzarsi verso altre attività produttive, nella maggior parte dei casi più pericolose. Nonostante i numerosi provvedimenti attuati, i bambini vittime di schiavitù e privati di una buona infanzia sono ancora molti.
Lavoro minorile nelle cave: Nel mondo sono circa un milione i bambini che attualmente lavorano in cave e miniere. Lo sostiene l’ILO (Organizzazione internazionale del Lavoro).
Nonostante gli sforzi che vengono fatti in molti paesi per eliminare questa pratica, i bambini minatori sopravvivono ancora in varie parti del mondo; il lavoro minorile è diffuso soprattutto nelle miniere e nelle cave a
cielo aperto di piccole dimensione di continenti quali l'Asia, l'Africa e l'America Latina. Qui i bambini lavorano nell'estrazione e nella trasformazione di metalli e minerali, compresi oro, argento, ferro, stagno, smeraldi, carbone, cromo, marmo e pietra.
Il lavoro in miniere e cave mette a rischio la salute, la sicurezza e il futuro dei bambini. Infatti il suolo, l’acqua e l’aria possono essere contaminati da mercurio tossico o da altri metalli pesanti.
Le miniere, mantenute in pessime condizioni rischiano continuamente di crollare. In determinati ambienti rischio delle esplosioni accidentali è costante.
I bambini minatori, infine, sono sottoposti a sforzo fisico eccessivo, ciò causa loro stanchezza cronica, nonché danni alla schiena e ai muscoli.
Lavoro nei paesi sviluppati: sfruttamento minorile
Ebbene sì… Anche in Occidente si può parlare di sfruttamento minorile. Il Governo, infatti, aveva detto che i minori non possono partecipare agli spot televisivi, ma siamo comunque bombardati ogni giorno da Aziende di ogni tipo che utilizzano i bambini per reclamizzare i loro prodotti. Bambi croissant, Barilla gran sugo, Dixan detersivi , Dash detersivi … Questi sono solo alcuni esempi di aziende che UTILIZZANO bambini per pubblicizzare il loro prodotto.

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